Le nove “eccezioni” di Dio

Una delle domande a cui è stata data risposta nel precedente articolo, intitolato “In principio … creò i cieli e la terra” (a cui rimando) era quella relativa al termine Elohim e al plurale di astrazione, di intensità o di eccellenza; se elohim (“im” è il suffisso che rende il termine un “plurale maschile”) è da leggersi come plurale effettivo o come “plurale avente senso singolare”, a determinarlo è la costruzione della frase e la coniugazione del verbo, piuttosto che la semplice presenza del suffisso. 

Dinanzi a questi dati di fatto noti a chiunque abbia mai frequentato il più basico corso di ebraico in una qualsivoglia facoltà biblica, il sig. Mauro Biglino rispondeva[1] (dai toni sembra anche in maniera un po’ risentita) nella seguente maniera:

Personalmente, almeno in questa sede, non ho alcuna “dottrina da difendere” e quindi per la stessa ragione che mi ha portato a scrivere l’articolo precedente, cioè evitare che il silenzio possa essere interpretato per avvalorare le argomentazioni di Biglino, ritengo necessario romperlo, lasciando ai lettori la valutazione del quadro completo.

Le tre ricorrenze verbali

Il termine elohim ricorre in tutta la Bibbia più di 2600 volte. Mi risulta che solo in 3 occasioni questo termine regga un verbo plurale (3 su oltre 2600) e potrebbe quindi essere letto come un plurale effettivo. “Potrebbe”, perché ho già spiegato come sia obbligatorio controllare il contesto e la costruzione di tutto il periodo.

Altre 6 volte il termine elohim regge un “aggettivo” plurale (non un verbo), e anche in questo caso un lettore inesperto potrebbe pensare ad un plurale effettivo piuttosto che al tradizionale singolare. Esaminiamo queste 9 ricorrenze una per una, a partire dalle 3 che presentano i verbi al plurale (2 delle quali sono menzionate dallo stesso Biglino nella citazione sopra riportata). Cercherò di rendere la trattazione nella maniera più semplice possibile.

Come si può notare, in questo versetto il termine “Dio” (elohim) regge un verbo al plurale e dovrebbe, secondo Biglino, essere tradotto con “gli dèi gli apparvero”; ma ciò, sempre secondo lui, non viene fatto per tenere nascosta la “verità al popolo”: una sorta di complotto multiconfessionale di stampo dan-browniano, mi si consenta la licenza aggettivale.

Come menzionato nell’articolo precedente, elohim può identificare Dio (cioè il Dio Echad, il Dio Unico creatore dei cieli e della terra), ma può identificare anche gli angeli (cioè messaggeri divini), può identificare il messia, può identificare persino uomini e giudici; è il contesto che lo determina.

A cosa si stava riferendo l’agiografo quando scrisse il passo di gen 35,7? Stava facendo riferimento al famoso episodio riportato in gen 28,12-13 che dice “[e Giacobbe] fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima toccava il cielo; e gli angeli di Dio salivano e scendevano per la scala. E Yhwh stava al di sopra di essa”.

Perchè usa il verbo plurale? Perché questo passaggio è plurale! Gli elohim che apparvero a Giacobbe erano gli angeli (entità divine) e il Dio unico sopra a tutti essi. Questa interpretazione traduttiva, certamente non nuova per chi si sia preso la briga di consultare qualche commentario biblico[3] è lungi dall’essere nascosta, come accusa Biglino.

Basta prendere una tra le Bibbie più diffuse, la Bibbia di Gerusalemme (testo CEI 2008), e leggere la nota in calce al versetto

Si vuole talmente tenere “nascosta la verità al popolo” che altre Bibbie, anch’esse facilmente reperibili, traducono con “divinità / esseri divini”[4]

Perché allora altri traduttori riportano il passaggio al singolare? Perché ritengono di trovarsi davanti ad un “plurale di attrazione”, ovvero uno di quei casi in cui lo scrittore, “attratto” dal suffisso plurale del soggetto, rende in maniera impropria[5] anche il verbo. Il punto su cui però è necessario focalizzare l’attenzione non è quale sia la lezione corretta, ma il fatto che non esiste nessun “complotto” a discapito del popolo, ma solo una scelta davanti alla quale ogni traduttore deve orientarsi secondo la sua comprensione del testo, avendo cura di informare il lettore attraverso adeguate note.

Il secondo versetto a cui fa riferimento Biglino, è gen 20,13:

In questo versetto l’autore parla di “elohim che fecero emigrare” Abraamo, elohim che gli fecero “lasciare la casa di suo padre”, con una costruzione letterale al plurale. Perché? Estremamente importante è l’analisi del contesto. Nella narrazione dei capitoli immediatamente precedenti, il 18 e il 19, si utilizza scambievolmente la figura di Yhwh e la figura di angeli, quali “entità divine” che fecero uscire Lot dal paese di Sodoma. È probabile che l’agiografo avesse in mente simili entità divine/angeli che svolsero la medesima funzione nei confronti di Abraamo, e ciò giustificherebbe il plurale. Secondo un’altra interpretazione medievale, il plurale si riferirebbe alle molteplici volte che Dio fece spostare Abraamo da un posto ad un altro. Non si può esserne certi, e non si può nemmeno escludere che si tratti di un plurale di attrazione o persino di un errore di un copista. Anche qui, quello che è importante è che non esiste nessun “complotto”. Basta una Bibbia con un buon apparato di note in calce[6], o un qualsiasi Commentario, per rendersi conto di come il lettore sia avvertito del “problema” testuale:

La terza ed ultima ricorrenza verbale di cui io sia a conoscenza (e nel caso mi sbagliassi sarebbe apprezzata una vostra segnalazione) è quella riportata nel versetto di 2 Samuele 7,23 che dice:

Avrete già intuito che, anche in questo caso, nella narrazione dell’episodio a cui si fa riferimento, oltre al Dio Unico sono menzionate altre figure angeliche. Difatti in Esodo 14:19 leggiamo: “allora l’angelo di Dio, che precedeva il campo d’Israele, si spostò e andò a mettersi dietro a loro”. Ancora una volta, il plurale potrebbe riferirsi all’insieme delle “entità divine” (angeli) che, agli ordini di Yhwh, accompagnarono il popolo di Israele fuori dall’Egitto. Secondo il Targum, in queste “entità” si potrebbe includere anche Aronne e Mosè; Mosè, che nel libro dell’Esodo è egli stesso definito come elohim.

Oppure, a mio parere più verosimilmente, l’autore era concentrato sul parallelismo contenuto nel versetto, tanto che il suo pensiero era: “quali nazioni con i loro dèi sono mai state redente come lo fu Israele?”. Anche in questo caso, il traduttore rende in buona fede secondo quella che è la sua comprensione del testo.

Le sei ricorrenze aggettivali

Se mi avete seguito fino a qui, vi chiedo un ultimo sforzo per esaminare velocemente quelle che, a mia conoscenza, sono le uniche 6 occasioni in cui elohim non regge un verbo ma un aggettivo plurale.

In ebraico biblico, a volte (non è una regola), l’aggettivo al plurale è usato come rafforzativo del plurale di eccellenza. Che ci si trovi davanti proprio ad un caso del genere è grammaticalmente confermato dal pronome personale presente alla 3a persona singolare maschile, che segue immediatamente l’aggettivo plurale. Non ci sono dubbi che il passaggio vada tradotto al singolare.

Le altre 5 ricorrenze (Deut 5,26; 1 Sam 17,26; 1 Sam 17,36; Ger 10,10, Ger 23,36) presentano tutte la medesima identica espressione:

Anche in questi casi, i pronomi personali e l’intera costruzione narrativa mostrano inequivocabilmente che i passaggi sono da rendere al singolare.

Concludo richiamando parte della citazione di cui sopra:

I punti esclamativi sono di Biglino.

Non mi ritengo un “paladino della verità”. Non sono neanche un linguista. Pur avendo studiato ebraico, ho seguito un percorso di studi storici. Ma ho un forte sospetto: se è vero che nessuno ha mai “speso una parola” per rispondere a Biglino, è perché chiunque ignori 2592 ricorrenze per concentrarsi su 9 eccezioni (3 verbali e 6 aggettivali) e su di esse costruisca un’intera teologia alternativa di stampo paleo-astronautico, mostra un approccio ai testi che definire metodologicamente imbarazzante è poco.

Al lettore che ha avuto la costanza di seguirmi fino a questo punto, deve restare il seguente messaggio: non possiamo essere sicuri al 100% del perché delle 3 eccezioni verbali. Ci sono diverse ipotesi[7], alcune più valide di altre, ma sicuramente non c’è alcun “complotto”. I traduttori rendono secondo la loro comprensione del testo. L’invito è quello di avvalersi di più traduzioni (in modo da cogliere le diverse sfumature messe in risalto da una resa piuttosto che da un’altra), possibilmente dotate di un buon apparato di note in calce, e di consultare i Commentari biblici ormai accessibili online a chiunque abbia voglia di approfondire.

Per tutti gli altri, c’è Biglino.

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