La pronuncia del Nome

Il presente articolo è stato tradotto e pubblicato con l’autorizzazione scritta dell’autore, l’ebraista Nehemia Gordon, di cui segnaliamo anche il libro dal titolo Shattering the Conspiracy of Silence.

Nella traduzione che segue, la Redazione di Isagogica ha preferito utilizzare una traslitterazione semplificata di quasi tutti i termini ebraici e ha inserito alcune immagini per aiutare il lettore italiano. Buona lettura.

LA PRONUNCIA DEL NOME

di Nehemia Gordon

Uno degli effetti della messa al bando del Nome, è che la pronuncia esatta si è persa col tempo.

Per quasi mille anni il Nome non è stato utilizzato nel culto giornaliero, e oggi ci troviamo ad affrontare il problema di come pronunciarlo.

Alcune delle proposte più note sono Yahweh e Jehovah. Ma perché questa confusione, e qual è la reale pronuncia del Nome?

Il problema con la pronuncia del Nome deriva dal fatto che la lingua ebraica presenta vocali e consonanti in due gruppi separati e distinti di simboli. Le consonanti sono scritte come lettere e le vocali come punti e linee.

Per esempio la parola yeled “figlio” è scritta con le consonanti yld e le vocali ee.
Tornando
al Nome, è opinione diffusa che le vocali venissero sistematicamente sostituite con le vocali della parola  Adonay (Signore).

Quindi gli studiosi moderni ignorano deliberatamente le vocali di YHVH (che in realtà sono scritte nel testo ebraico delle Bibbia) e tentano di ricostruire ciò su cui le vocali “originali” erano basate, appoggiandosi ad argomentazioni esterne e speculazioni.

Come risultato, essi arrivano a conclusioni diverse su come il Nome fosse originariamente pronunciato. Una delle teorie più popolari è che il Nome fosse pronunciato Yahweh, e su ciò vi è un virtuale consensus accademico. Tuttavia, questo consensus non si basa su prove decisive.

Il The Anchor Bible Dictionary spiega: “La pronuncia di Yhwh come Yahweh è una supposizione accademica”1.

Ma se la pronuncia “Yahweh” è solo una “supposizione”, cosa sappiamo veramente di come il Nome veniva pronunciato? E che dire dell’argomento secondo cui le vocali di Yhwh nel testo ebraico sono davvero le vocali di Adonay, come unanimamente affermato dagli studiosi?

Contrariamente a ciò che è generalmente creduto, il Nome Yhwh non è stato soppresso dal testo scritto della Bibbia. In realtà, le consonanti del Nome Yhwh appaiono qualcosa come 6.828 volte nel testo ebraico. Ma che dire delle vocali? Sono davvero le vocali di Adonay?

Per capire questo problema dobbiamo considerare la pratica scriba dell’ebraico antico, chiamata Qere-Ketiv, “[ciò che] leggi – [ciò che] scrivi”.

Il Qere-Ketiv si verifica quando una determinata parola è scritta in un modo (ketiv), ma una nota a margine del testo biblico indica che è da leggere come se fosse stata scritta in un altro modo (qere).

genesi
imm. n.1 – Codice di Leningrado

Ad esempio, in Gen 8:17 troviamo la parola hotsie (“portare fuori”).

Nei manoscritti della Bibbia questa parola è contrassegnata da un piccolo cerchio sovrastante [corrispondente al segno colorato in rosso nell’immagine n.1], il quale rimanda il lettore ad una nota a margine. La nota a margine dice di leggere “haytze”.
Quindi, hotsie è scritto nel testo con una Vav ( ו ) ma la nota marginale dice di leggere haytse, con una Yod ( י ). [corrispondenti alle lettere colorate in blu nell’immagine n.1]

Come nella maggior parte dei casi di Qere-Ketiv, la nota marginale non cambia il significato del verso, poiché sia  hotsie che haytse significano “portare fuori, rimuovere”.

Ma perché leggere una parola diversamente da come è scritta, se non cambia il significato?

A quanto pare, molti dei Qere-Ketiv si sono formati quando gli scribi del Tempio operarono confronti tra due o tre antichi manoscritti della Bibbia. Se gli scribi trovavano lievi differenze tra i manoscritti, lasciavano una forma della parola nel corpo del manoscritto, mentre l’altra la registravano a margine.

Il Qere-Ketiv ha molta rilevanza per la questione del Nome divino.

Il ketiv (la forma scritta nel corpo del manoscritto), riporta sempre le vocali del qere, nel modo cioè in cui la parola doveva essere letta. Nell’esempio precedente la parola è scritta con le consonanti di hotsie ma le vocali2 di haytse  [corrispondenti alle lettere colorate in verde nell’immagine n.1]

Tornando alla questione relativa al Nome, il tetragramma YHVH avrebbe le consonanti del Nome ma le vocali di  Adonay, e questo viene presentato come un fatto in ogni Introduzione all’ebraico biblico e in ogni discussione accademica sul Nome.

Ma ci sono due problemi con questo consensus accademico.

Il primo problema è che in tutti i casi di Qere-Ketiv, la parola che viene letta in modo diverso rispetto al modo in cui è scritta, è contrassegnata da un cerchio nei manoscritti biblici [vedi il cerchio evidenziato in rosso nell’immagine n.1]. Il cerchio rimanda il lettore ad una nota marginale che dice di leggere “così e così”.

Quindi, nel caso del Nome, ci aspetteremmo che vi sia un cerchio sopra la parola YHVH con una nota marginale che ci istruisca sul fatto che si debba leggere “Adonay”. Ma tale nota non esiste!

YHVH appare 6.828 volte nel testo ebraico della Bibbia, ma non è mai identificato come Qere-Ketiv da un cerchio o da una nota marginale.

In risposta a queste rilevanze, gli studiosi insistono affermando che il Nome YHVH rientri nei cosiddetti Qere Perpetuum.

Essi sostengono che, quando una parola è sempre da leggersi in modo diverso rispetto al modo in cui è scritta, la nota dello scriba veniva omessa. E’ vero che in certi casi, a volte, la nota dello scriba veniva omessa. Ma in altri casi di Qere Perpetuum, la nota dello scriba appare qualche volta ed altre volte è omessa per brevità.

Eppure mai nella Scrittura c’è un’occorrenza di Qere Perpetuum in cui la parola scritta in un modo ma letta in un altro è sempre mancante della nota dello scriba.

Se dovessimo applicare la regola del Qere Perpetuum a YHVH, questo sarebbe l’unico caso nella classificazione di Qere-Ketiv che non presenta mai una nota dello scriba che dica di leggere “Adonay”, non una sola volta nelle 6.828 ricorrenze.

Il secondo problema con l’affermazione secondo cui YHVH avrebbe le vocali di Adonay, è semplicemente che non è vero!

Le vocali di Adonay sono AOA (chataf patach – cholam – kamats). Al contrario, il Nome YHVH è scritto con le vocali E-A (sheva – nessuna vocale – kamats).

Ora, in ogni altro caso di Qere-Ketiv, il ketiv, scritto nel corpo del testo, ha le precise vocali del qere, mentre il qere stesso è scritto senza vocali a margine del manoscritto biblico.
Ma le vocali di YHVH sono chiaramente diverse dalle vocali di Adonay!
YHVH è scritto YeHVaH, ma con le vocali di Adonay avrebbe dovuto essere scritto Yahovah 3 !

Come è possibile che il consensus accademico abbia trascurato questo dato di fatto?

Fino a tempi recenti, gli editori del Testo Sacro hanno liberamente modificato il Nome YHVH. In molte edizioni della Scritture Ebraiche YHVH è scritto del tutto senza vocali, mentre in altre è difatti scritto come Yahovah, con le vocali di Adonay.

Tuttavia, quando controlliamo i più antichi manoscritti completi delle Sacre Scritture, notiamo che YHVH è scritto YeHVaH. Questo è il modo in cui YHVH è scritto nei manoscritti di Ben Asher (Codice di Aleppo e Codice di Leningrado4) che conservano il testo completo più accurato della Scrittura. Le stampe moderne che riproducono con precisione gli antichi manoscritti, come Biblia Hebraica Stuttgartensia (BHS), e la Hebrew University Bible Edition (HUB) contengono anche la forma YeHVaH.

Oggi non abbiamo bisogno di fare affidamento su queste versioni, dal momento che i più importanti manoscritti della Bibbia sono stati pubblicati come edizioni litografiche con fotografie che riproducono le pagine reali dei manoscritti stessi. In queste fotografie è chiaro che il Nome YHVH è scritto più volte come YeHVaH e non con le vocali di Adonay.

Prima di considerare le vocali di YeHVaH effettivamente riportate nelle Sacre Scritture, dobbiamo considerare brevemente il consensus accademico riguardante Yahweh.

Come già detto, gli studiosi tralasciano le vocali di YHVH presenti nei manoscritti biblici e cercano attraverso fonti esterne di ricostruire la pronuncia originale del Nome. La fonte primaria per una simile ricostruzione è costituita dagli scritti di Teodoreto di Cirro, un cosiddetto Padre della Chiesa vissuto nel quinto secolo. Teodoreto scrive riguardo al Nome YHVH:

“I Samaritani lo chiamano IABE mentre o giudei AIA” 5

La forma AIA (pronounciata A-Yahindica che i giudei chiamavano Dio con la forma abbreviata del suo Nome “Yah” che compare numerose volte in tutta la Scrittura.

La forma Yah segue un’antica pratica di prendere la prima e l’ultima lettera di una parola per esprimere un’abbreviazione. Infatti, la prima e l’ultima lettera di YHVH producono l’abbreviazione Yah.5 Ma come hanno fatto i giudei ad ottenere AIA da Yah?

Una delle caratteristiche del tardo ebraico è l’incremento d’uso dell’ aleph prostetico.

L’aleph prostetico è un aleph aggiunto all’inizio di una parola, al fine di facilitarne la pronuncia.
Ad esempio, nell’ebraico post-biblico, la comune parola biblica t’mol diventa etmol con aleph prostetico 7. La “e-” di  etmol ne facilita semplicemente la pronuncia.

L’aleph prostetico esisteva anche nei tempi biblici e quindi le forme *rba (quattro) e *tsba (dito) venivano pronunciate arba ed etsba anche al tempo della Bibbia.

Ma in tempi post-biblici, l’uso dell’aleph prostetico divenne dilagante e poteva essere aggiunto a quasi ogni parola. Così AIA è semplicemente Yah con un l’aggiunta di un aleph prostetico all’inizio della parola, per facilitarne la pronuncia.

Teodoreto di Cirro ci dice che gli ebrei del suo tempo chiamavano Dio con il Nome A-Yah.
Però, a
l tempo di Teodoreto, la pronuncia del Nome era già stata presumibilmente soppressa tra gli ebrei sin dal divieto di Abba Saul. E’ per questo che oggi gli studiosi danno più peso alla pronuncia samaritana così come riportata da Teodoreto stesso.

Teodoreto dice che i Samaritani pronunciavano il Nome di YHVH come Iabe (pronunciato Ya-be).
Ora, se dovessimo retro-tradurre questa parola in ebraico otterremmo qualcosa come Yabeh.

Questo esempio evidenzia alcuni problemi di trascrizioni greche utilizzate per ricostruire una precisa pronuncia ebraica.

In primo luogo, si deve osservare che il greco antico non aveva un suono H nel mezzo delle parole.
Quindi il primo H in YHVH, qualunque fossero le vocali collegate ad esso, sarebbe stato eliminato in greco. In secondo luogo, il greco non ha il suono W o V. Così la terza lettera del Nome divino sarebbe anch’essa stata eliminata o distorta dal greco.

Infine le vocali del greco antico erano molto diverse da quelle del sistema vocalico ebraico.
L’ ebraico biblico aveva nove vocali che non hanno corrispondenti esatte in greco.

Ad esempio, la vocale ebraica sheva non ha equivalenti in greco antico. Quindi, qualsiasi cosa Teodoreto di Cirro avesse sentito dai Samaritani, il suo tentativo di trascrivere il Nome in greco si sarebbe rivelato senza speranza.

Che dire della forma Iabe?

Molti studiosi sostengono che la B in Iabe sia una distorsione della Vav ebraica e che la prima H di YHVH sarebbe stata eliminata perché il greco non ha un suono H nel mezzo di una parola.
Di conseguenza la maggior parte degli studiosi traduce il samaritano IABE nell’ebraico Yahweh. Questa è l’ ipotesi scientifica di cui parla The Anchor Bible Dictionary.

Il motivo per cui a questa pronuncia è dato tanto credito è che si presume che i Samaritani, al tempo di Teodoreto, non fossero ancora sotto il bando dei rabbini e che quindi ricordassero ancora come veniva pronunciato il Nome. Ma è questa la migliore spiegazione del samaritano IABE?

Sembra che gli antichi samaritani chiamassero Dio “Yafeh”, che significa “il bello”.
Ora, nell’ebraico samaritano la lettera P/F è spesso sostituita da B. Quindi quello che probabilmente è accaduto è che i samaritani dissero a Teodoreto che Dio è chiamato Yafeh, “il bello”, ma per la loro alterata pronuncia ebraica ne risultò Yabe .

Ciò sembra confermato dal fatto che i Samaritani erano già sotto il bando relativo alla pronuncia del Nome, e forse lo erano anche da prima dei giudei.

Invece di pronunciare il Nome YHVH, i Samaritani chiamano Dio shema. Ora “shema” è di solito inteso come forma aramaica di HaShem che significa “il Nome” 8. Quindi, già nel 700 a.C. circa, i Samaritani invocavano  Ashema e non YHWH.

Il consensus degli studiosi si avvale anche di una seconda prova a sostegno della presunta pronuncia samaritana di Yahweh / IABE.

Essi sottolineano il collegamento tra il Nome YHVH e la radice del verbo essere HYH.
Questo collegamento viene presentato in modo esplicito in Esodo 3:13-14, dove si legge:

Mosè disse a Dio: «Ecco, quando sarò andato dai figli d’Israele e avrò detto loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato da voi”, se essi dicono: “Qual è il suo Nome?” che cosa risponderò loro?» E Dio disse a Mosè: Ehyeh Asher Ehyeh (Io sono colui che Io sono), e disse: così dirai ai figli d’Israele, ‘Ehyeh mi ha mandato a voi’.” (Es 3: 13-14)

Mosè chiese a YHWH quale Nome avrebbe dovuto comunicare agli israeliti quando avrebbero chiesto di Dio. YHWH risponde che Mosè avrebbe dovuto dire che a inviarlo era stato Ehyeh, che rappresenta un verbo avente radice HYH (“essere”) e che significa “Io sono”.

Subito dopo aver dichiarato di essere Ehyeh Asher Ehyeh, YHVH spiega inoltre che il suo Nome in eterno è YHVH:

E Dio disse ancora a Mosè, così dirai ai figli di Israele: “YHWH Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi, questo è il mio Nome per sempre, questo è il mio memoriale per ogni generazione “. (Es: 3:15)

Ma come può YHVH essere relazionato a HYH (“essere”)? In ebraico le lettere Vav ( ו ) e Yod ( י ) sono lettere deboli che talvolta risultano intercambiabili tra loro.

Per esempio, la parola Yeled (bambino) ha una forma variante Valad, dove la consueta Yod è sostituito con Vav. Troviamo una sostituzione simile nella radice HYH (essere). Il tempo presente del verbo “essere” HYH è HoVeH (Ecc 2:22) con la Yod sostituita dalla Vav.

Questo tipo di sostituzione sembra avvenire soprattutto nei nomi. Così in ebraico Eva è chiamata Chavah, “perché era la madre di tutto ciò che vive (chay)” (Gen 3:20).

Quindi, nel nome Eva la Yod di chay è sostituita da una Vav di chavah. Non dovremmo concludere che Vav e Yod siano sempre intercambiabili, ma piuttosto che quando una radice ebraica ha una V/Y in essa, a volte l’altra lettera può apparire in sua vece.

Quindi, linguisticamente, non c’è alcun problema nel fatto che YHVH derivi da HYH (“essere”).
Questo è il motivo per cui YHVH presenta se stesso a Mosè come Ehyeh Asher Ehyeh (“Io sono colui che sono”), che è una velata allusione al suo Nome YHVH presentato nel verso seguente.
Basandosi su Es 3:14-15, gli studiosi moderni sostengono che il Nome YHVH deve essere la forma (piel) del verbo HYH essere.

In altre parole, intendono YHVH come un semplice verbo che significa “Colui che fa essere”. Quindi la forma piel o  hifil di YHVH, sostengono gli studiosi, è Yahweh. Tuttavia, questa spiegazione è molto problematica.

La ragione ha a che fare con il sistema verbale ebraico. L’ ebraico ha sette modelli verbali chiamati coniugazioni. Ogni coniugazione prende una data radice e la cambia leggermente, conferendo in tal modo alla radice una diversa sfumatura di significato. Alcune radici possono essere coniugate in tutte e sette le coniugazioni, mentre altre possono essere coniugate solo con poche coniugazioni.
In realtà, la maggior parte delle radici può essere coniugata solo in 3-4 coniugazioni, mentre è raro trovare una radice che possa coniugarsi in tutte e sette le forme.

Tutto ciò può sembrare arbitrario, ma questa è semplicemente la realtà della grammatica ebraica.

Ad esempio, la radice Sh-B-R nella coniugazione qal significa “rompere”, nella coniugazione piel “distruggere”, etc. Nel complesso, la radice Sh-B-R può essere coniugata in sei delle sette coniugazioni. Ma semplicemente non esiste né può esistere nella settima coniugazione (hitpael).

Ora il verbo HYH (“essere”), da cui deriva il Nome YHVH, in ebraico biblico esiste solo nella prima (qal) e seconda (nifal) coniugazione.

Ciò significa che l’ipotesi accademica che legge YHVH come la forma piel o hifil di HYH (“essere”) è impossibile, poiché questo verbo non esiste in quelle coniugazioni. In altre parole Yahweh è una forma verbale inesistente in ebraico biblico.

Allora perché gli studiosi moderni, all’unisono, identificano il Nome YHVH con alcuni verbi fittizi che sfidano le regole della grammatica ebraica? Vi è una duplice ragione per questo.

In primo luogo, l’inesistente forma piel o hifil assegnerebbe a YHVH il significato di “colui che porta ad essere”. E questo combacia perfettamente con i preconcetti teologici degli studiosi moderni. In secondo luogo, la forma piel o hifil (Yahweh) sarebbe in sintonia con la testimonianza di Teodoreto riguardante la pronuncia samaritana del Nome.

Ma il tentativo di ricostruire le vocali di YHVH identificandolo forzatamente come un impossibile piel o hifil, è senza speranza anche per un altro motivo.

La maggior parte dei nomi ebraici sono composti da verbi. Tuttavia, una delle caratteristiche dei nomi è che i verbi che li compongono non seguono i modelli verbali standard.

Ad esempio, il nome di Neemia, in ebraico Nechemyah (“YHVH conforta”), contiene due elementi: il verbo nechem  (“egli conforta”) e il Nome Yah (abbreviazione di YHVH).

Ma la parte verbale del nome Neemia, “Nechem”, non segue il modello verbale standard, che sarebbe stato “Nichem”.

Si tratta di una regola di ebraico biblico secondo la quale, quando un verbo è incorporato in un nome, le sue vocali sono liberamente modificate. Un altro esempio di questo è il nome Joshua, in ebraico Yehoshu’a, che significa “YHVH salva”. Ancora una volta questo nome contiene due elementi, il verbo yoshia significa “egli salva” e il Nome di Dio Yeho– (abbreviazione di YHVH).

Il verbo yoshi’a (salva) risulta modificato quando incorporato nel nome Joshua / Yehoshu’a.
La Yod di yoshi’a (salva) cade e le vocali sono completamente modificate originando la forma –shua. La forma –shua può esistere solo in un nome personale, mentre la forma verbale yoshi’a sarebbe inusuale all’interno di un nome. Difatti, la norma è che i verbi siano modificati quando vengono incorporati nei nomi. Quindi il Nome YHVH potrebbe semplicemente contenere la radice verbale HYH senza legarsi alle vocali. Il tentativo di forzare una determinata forma grammaticale verbale [inesistente] dentro un nome va contro le regole della lingua ebraica.

Abbiamo visto che il consenso accademico relativo a Yahweh è in realtà solo un’ipotesi infondata.
Allo stesso tempo, abbiamo visto come il “fatto” universalmente accettato che YHVH abbia le vocali di Adonay sia falso.

L’attuale vocalizzazione del Nome YHVH negli antichi manoscritti ebraici è YeHVaH. E chiaramente YeHVaH non ha le vocali di Adonay.

Ma sono queste le vocali reali del Nome divino?

La prima cosa che si può osservare in YeHVaH è la mancanza della vocale dopo il primo H. Una regola fondamentale della lingua ebraica è che una consonante nel mezzo di una parola deve essere sempre seguita da una vocale o una sheva silente. Nell’ebraico biblico, è comune per H essere silente alla fine di una parola, ma non vi è alcuna ricorrenza di una H silente nel mezzo della parola. Ciò significa che secondo le regole del linguaggio ebraico
la prima H in YH?VH deve essere seguita da una qualche vocale. Allora cosa è successo a questa vocale mancante?

Forse la risposta può essere trovata in un’altra pratica scrittoria medioevale. Quando gli scribi biblici volevano omettere una parola, ne rimuovevano le vocali. Il lettore medievale sapeva che, imbattendosi in una parola senza vocali, questa non doveva essere letta.

E’ possibile che gli scribi medievali omisero la vocale dopo la prima H di YeH?VaH per evitare che i lettori leggessero il Nome ad alta voce.

Un altro punto degno di nota è che nel Codice di Aleppo (il più preciso manoscritto biblico esistente), al Nome YHVH vegono assegnate le vocali YeHoViH quando è giustapposto alla parola Adonay.
Sembra che la “i” (chiriq) in Yehovih fosse un promemoria per ricordare al lettore di leggere questa parola come  Elohim (Dio), in quanto la presenza dell’espressione  Adonay  Yehovah  avrebbe altrimenti comportato una doppia lettura ravvicinata in Adonay Adonay.  

Adonai  YeHoViH avrebbe invece ricordato al lettore di leggere  Adonay Elohim.

imm. n.2 - chataf segol
imm. n.2 – chataf segol

Tuttavia, questo non è un vero Qere-Ketiv, il quale richiede che la forma “scritta” abbia tutte le vocali della forma “letta”. Se questo fosse questo un vero Qere-Ketiv ci aspetteremmo che le vocali di YHVH venissero cambiate in Yehowih (chataf segol – cholam – chiriq). Invece le vocali sono Yehowih (sheva – cholam – chiriq). [vedi differenza fra la “e” chataf segol (immagine n.2) e la “e” sheva (immagine n.3)]. Questa sembra essere una pratica scribale unica, che consiste nel modificare una sola vocale, al fine di ricordare al lettore come leggere il Nome YHVH.

immagine n.3 . sheva
imm. n.3 . sheva

Ora, quando YHVH è isolato, ha le vocali Yeh?vah, con la sola incognita che riguarda la caduta della vocale dopo H. Questo aiutava il lettore a prevenire l’accidentale lettura del Nome.

Al contrario, quando YHVH si trova accanto ad Adonay, [dopo la prima H vene inserita una “o” (cholam) e] la “a” (kamats) è cambiata in una “i” (chiriq) per ricordare al lettore di leggerlo Elohim.

Ciò che è significativo circa la forma scritta “Yehovih” è che non c’è nulla che aiuti il lettore a prevenire la lettura accidentale del Nome Yehovih. Questa forma del Nome ha un set completo di vocali e può essere letto come qualsiasi altra parola in lingua ebraica.

Ora, per qualche motivo i masoreti, che hanno copiato la Scrittura nel Medioevo, erano preoccupati che i loro lettori potessero pronunciare la parola Yeh?vah ma non erano affatto preoccupate che potessero accidentalmente pronunciare il Nome Yehovih !

Ciò doveva essere collegato al divieto di pronunciare il Nome, divieto sul quale gli scribi masoreti evidentemente concordavano. L’unica ragione per cui gli scribi masoreti avrebbero lasciato la forma Yehovih senza far cadere la vocale dopo H, è perché sapevano che questa non era la corretta pronuncia del Nome divino.

Di contro, quando vedevano Yeh?vah essi sapevano che era la vera pronuncia del Nome e quindi sopprimevano la vocale centrale. Ma qual è la vocale di mezzo mancante in Yeh-vah? Confrontando le due forme Yeh?vah e Yehowih sembra che la vocale mancante fosse proprio la “o” (cholam).

Ciò significa che gli scribi masoreti sapevano che il Nome di Dio era Yehovah e ne nascondevano la pronuncia omettendo la “o”. Questo è confermato dal fatto che gli scribi effettivamente dimenticarono di sopprimere la vocale “o” in un certo numero di casi.
La maniera in cui gli scribi copiavano le antiche scritture era quella di leggere le parole ad alta voce o anche sotto voce.

Lo scriba a volte commetteva l’errore di scrivere il suono che usciva dalla sua bocca, anche se diverso da quello che aveva letto con gli occhi.

Questo è un errore comune anche nell’inglese moderno. Quando gli inglesi scrivono o digitano in fretta, spesso scrivono “know” invece di “no” o “their” invece di “there”.

Ciò non è ovviamente causato da ignoranza in quanto la maggior parte delle persone che commette questo errore conosce benissimo la differenza tra questi termini. Si tratta invece di un errore che nasce dal suono delle parole.

Nel caso del Nome divino, lo scriba sapeva che la parola YHVH si pronunciava Yehovah e, pensando di aver soppresso la vocale “o” in fase di copiatura, la lasciò invece [“accidentalmente”] al suo posto in qualche decina di casi.

Nel manoscritto LenB19a, il più antico manoscritto masoretico completo e base della rinomata edizione BHS 9, il Nome è scritto Yehovah 50 volte su un totale di 6.828.

E’ importante notare come nessun’altra vocale oltre alla “o” fu “accidentalmente” inserita nel Nome divino.

Ci sono altre prove che additano la “o” come la corretta vocale mancante in Yeh?vah.
Molti nomi ebraici incorporano parte del Nome divino, come parte di un nome composto.
Ad esempio, Yehoshua (Joshua) significa “YHVH salva” mentre Yeshayahu (Isaia) significa anche “YHVH salva”.

Possiamo notare come il Nome divino, se incorporato in altri nomi, è “Yeho-” quando appare all’inizio di un Nome, mentre è “-yahu” se incorporato alla fine del Nome. Chi sostiene che la pronuncia del Nome sia Yahweh, spesso cita la forma finale “-yahu” a sostegno della propria tesi. Ma ci sono due problemi con questa affermazione.

In primo luogo, l’elemento “-yahu” non concorda con la pronuncia Yahweh. Dovrebbe invece suggerire una pronuncia tipo “Yahuvah” ma non Yahweh. In ebraico vi è ancora meno somiglianza tra Yahweh e -yahu. Yahweh  si scrive con una vocale ebraica chiamato “chataf patach” (ֲ ) mentre –yahu ha la vocale “kamats” ( ָ).

Queste sono due vocali assolutamente diverse che anticamente venivano pronunciate in maniera completamente diversa. La differenza tra queste due vocali è come la differenza tra la “a” in “father” (chataf patach) e “a”, in “braw” (kamats in ebraico antico). Questo è un errore che solo un moderno lettore potrebbe fare!

In secondo luogo, nel Nome YHVH, le lettere YHW- sono in realtà all’inizio del Nome e non alla fine. Quindi, se usiamo nomi come Joshua / Isaia come modelli per ricostruire la pronuncia del Nome divino, dobbiamo scegliere il modello Yeho- che si trova all’inizio di questi nomi composti, non alla fine.

Se combiniamo queste parti di informazione con la forma Yeh?vah documentata nel testo biblico si ottiene la forma Yehovah.

Vale la pena notare che l’inglese “Jehovah” è semplicemente una forma anglicizzata di Yehovah [ital. Geova]. La differenza principale è che la lettera inglese J [o la ital. G] si è sostituita alla “Y” del Nome divino. Naturalmente, l’ebraico non ha il suono “J”. La lettera in ebraico è Yod che si pronuncia come l’inglese “Y”.

Un’altra differenza è che nel testo masoretico il Nome ha l’accento sulla fine della parola [mentre in inglese è sulla sillaba centrale e in italiano sulla prima sillaba].

Il Nome andrebbe pronunciato Yehovàh con l’accento sulla “vàh”. Pronunciare il Nome Jehòvah con l’accento sulla “hò” (come in inglese, [oppure Gèova, con l’accento su “Gè”, come in italiano]) sarebbe semplicemente un errore.

Una domanda che dobbiamo porci è relativa al come i masoreti, cioè gli scribi medievali che copiarono il testo della Bibbia sopprimendo la “o” in Yehovah, poterono aver conosciuto la vera pronuncia del Nome. Dopo tutto, il divieto di pronunciare il Nome era presumibilmente in pieno vigore fin dai tempi di Abba Saul nel 2 ° secolo d.C.

Una delle cose che sappiamo circa gli scribi masoretici è che erano Caraiti. Sappiamo anche che c’erano due fazioni di Caraiti: quella che volevano che il Nome fosse pronunciato, e quella che lo proibiva.
E’ chiaro che i masoreti appartenevano al gruppo che vietava la pronuncia del Nome e questo è stato il motivo per cui soppressero la vocale centrale da Yehovah. Allo stesso tempo però, essi sentivano come l’altra fazione di Caraiti pronunciava il Nome e quindi sapevano come doveva essere correttamente pronunciato. Nel 10° secolo, il saggio caraita Kirkisani riferisce che i Caraiti che pronunciavano il Nome erano stanziati in Persia (Khorasan).

La Persia fu un importante centro ebraico sin da quando le 10 tribù furono esiliate nelle “città di Media” (2 Re 17: 6) ed è rimasto così fino all’invasione mongola nel 13° secolo.

Siccome la Persia era così lontana dai centri rabbinici della Galilea e di Babilonia, sugli ebrei di Persia non influirono significativamente le innovazioni rabbiniche della Mishnah e del Talmud, almeno fino al 7° secolo d.C.

E’ stato solo quando i rabbini tentarono di imporre queste innovazioni agli ebrei di Persia nel 7° e 8° secolo che il movimento Caraita si sollevò per garantire la conservazione delle loro tradizioni.

Quindi non è affatto sorprendente che i Caraiti di Persia conservassero la corretta pronuncia del Nome fin dai tempi antichi.

Sembra che i masoreti soppressero la vocale “o” dal Nome divino per impedire ai loro compagni Caraiti di leggere il Nome così come esso era semplicemente scritto. Quando questi Caraiti leggevano dal testo biblico, dovevano inserire loro stessi la vocale mancante nel Nome.

Nehemia Gordon

NOTE

1 “Yahweh”, Anchor Bible Dictionary, DN Freedman, et al, (ed.), New York 1992, vol.
6, p.1011

Gen. 8:17 - BHS 1977
imm. n.4 – Gen. 8:17, BHS 1977

2 Vale la pena notare che nella maggior parte delle edizioni moderne della Bibbia [ebraica], la parola è scritta nel corpo della Scrittura senza vocali, mentre il Qere è scritto a margine con le proprie vocali. Questo metodo moderno costituisce un deliberato allontanamento da quella che era l’antica pratica scrittoria [vedi immagine n.4].

3 L’affermazione secondo cui la chatafpatach di Adonay sia stata sostituita con la sheva di Yehvah per conformarsi alle regole della fonologia ebraica, ignora la regola base del sistema masoretico secondo cui le vocali del qere (lettura marginale) sono sempre inscritte nel ketiv (corpo del testo) così come sono, anche se ciò dovesse creare una lettura impossibile. (cfr. Gordon, N., Shattering the Conspiracy of Silence, Hilkiah Press, 2012, pag. 71, nota 1)

4 Il Codice di Leningrado è anche conosciuto come LB19a, ed è ora disponibile in, The Leningrad Codex; A Facsimile Edition, DN Freedman (editore), Wm B. Eerdmans Publishing Co.
1998.

5 Teodoreo di Cirro, Quastiones 15, in Esodo 7.

6 Questo tipo di abbreviazione è molto comune in greco. Ad esempio, KE è un’abbreviazione per Kourie (Signore).

7 La forma etmol appare anche occasionalmente nel Tanach, ma è nell’ebraico post-biblico che diventa la norma.

8 Non possiamo fare a meno di osservare la somiglianza tra lo Shema samaritano e il pagano Ashema, che secondo il libro biblico di 2 Re 17:30 era uno degli dèi adorati dai samaritani quando vennero la prima volta in terra di Israele nell’ 8° secolo a.C.

9 BHS sta per Biblia Hebraica Stuttgartensia, a cura di K. Elliger e W. Rudolph, et al, Deutsche Bibelgesellschaft, Stoccarda 1967-1977, 1983. Ad oggi la BHS riporta le Scritture Ebraiche allontanandosi solo raramente dal Codice di Leningardo. Il Codice di Leningrado è anch’esso la base per la Bibbia Hebraica Leningradensia (a cura A. Dotan, Hendrickson Publishers, 2001) ed è usato in molte altre edizioni per colmare le parti mancanti del Codice di Aleppo (es. Keter yerushalayim, a cura Y. Ofer e M . Broyer, N. Benzvi, Printing Enterprises, 2001).