Confronto amichevole con un evangelico

Poco tempo fa, attraverso Messenger,  venni contattato da una persona di fede evangelica. Evidentemente ignorando le mie convinzioni teologiche, cercò di incoraggiarmi attraverso alcuni passi biblici letti in chiave trinitaria. Apprezzai il gesto, almeno nelle intenzioni: è sempre più difficile trovare persone che, in un mondo ormai “senza Dio”, trovano la forza e il coraggio di parlare ad altri della propria fede. Non potei esimermi però dal replicare nel merito, e ne nacque così uno scambio di vedute proprio sull’identità ontologica fra Gesù e suo Padre. La riporto, in forma anonima e nel pieno rispetto delle fede altrui, nella speranza possa contribuire a chiarire il mio punto di vista su alcune letture che troppo spesso vengono incautamente usate per sostenere anacronistici approcci al testo sacro.

Il mio interlocutore verrà di seguito indicato con la lettera “X”; le mie risposte precedute da “Io”.

X: il Messia è Dio e lo si deduce anche da Isaia 9,5 dove la parola “El” vuol dire Dio inderogabilmente.

Io: Caro X, il testo di Isaia 9:5 riporta:

 כִּי־יֶלֶד יֻלַּד־לָנוּ בֵּן נִתַּן־לָנוּ וַתְּהִי הַמִּשְׂרָה עַל־שִׁכְמֹו וַיִּקְרָא שְׁמֹו פֶּלֶא יֹועֵץ אֵל גִּבֹּור אֲבִיעַד שַׂר־שָׁלֹֽום׃

L’espressione evidenziata in rosso è “el gibbor”. Non credo vi siano dubbi nell’affermare che questo capitolo abbia da sempre avuto una “coloritura” messianica con l’orizzonte degli eventi proiettato nell’ ‘olam ha ba, nonostante la lettura storica degli avvenimenti veda Ezechia quale destinatario dei brani citati. La tua lettura trinitaria asserisce però che in questo versetto “el gibbor” stia ad indicare il Dio echad degli ebrei, in quanto tu dici testualmente che “El vuol dire Dio inderogabilmente”. Come vado a spiegarti, questa affermazione è priva di qualsiasi sostegno testuale. 

La Nuovissima Versione dei Testi Originali (ediz. Paoline) riporta la seguente nota al versetto di Isaia:

Qual è il messaggio che i traduttori vogliono veicolare? Il messaggio esplicitato in nota è che “egli [il messia] sarà il luogotenente di Dio stesso”; non che “egli sarà Dio stesso”, ma “il luogotenente” di Dio!

The New English Bible traduce “el gibbor” con “in battle God-like”, cioè “simile a Dio in battaglia”:

Nonostante la tua apodittica affermazione secondo cui “El” voglia “dire Dio inderogabilmente”, numerosi traduttori della Bibbia (di cui ti ho citato solo pochi esempi ma l’elenco potrebbe essere molto più lungo) traducono con termini diversi veicolando significati diversi.Il testo di Schokel Alonso L.A. e Sicre Diaz José Luis (“I Profeti”, edito da Borla, gen.2000, pag. 170) rende “El gibbor” con “guerriero divino”, come puoi vedere anche dalla seguente foto:

In merito al termine “El / Elohim”, il Grande Lessico del Nuovo Testamento (Ed. Paideia), alla voce “Theos” (405 [III,97]) dice: “[t]alvolta anche certi essere celesti sono chiamati nell’A.T. ‘lhjm [elohim]”.
John L. McKenzie, nel suo articolo peer reviewed dal titolo “The Appellative Use of El and Elohim” (The Catholic Biblical Quarterly vol.10, n.2) sostiene la resa di Kissane in merito a “El gibbor” con “eroe divino”:

E continua ancora affermando che “L’ordine degli elohim ammette persone e cose le quali non sono soggette alla divinità in senso proprio”:

Egli afferma chiaramente che il pensiero soggiacente all’idioma [elohim] indica coloro che “appartengono ad un livello d’essere sovrumano, che significa divino, simile a dio, santo in qualche maniera. Quando una persona o cosa sale oltre il livello di mera umanità, egli si accosta al livello divino”.

Ora, mentre tu affermi che “El vuol dire Dio inderogabilmente” chiudendo in maniera apodittica la questione, nota come conclude McKenzie il suo articolo:

Ti traduco il paragrafo qui sopra: “Io propongo, quindi, questa spiegazione dell’uso appellativo di el e elohim: la vaghezza dell’idea convogliata da queste parole permette loro di essere predicato non solo di divinità, vera o presunta, ma  anche di altre persone e cose che non sono in alcun senso dèi o divini come noi comprendiamo queste parole, ma che potrebbe in qualche senso essere dette elohim o appartenenti a elohim”.

X: Francesco, tu sostieni che: “Esodo 3:14 ‘ehyeh ‘asher ‘ehyeh non si traduce affatto con Io Sono ma Io Sarò quel che Sono nel senso di Io Sarò Dio per voi.”Questo è completamente errato. E non te lo dico io, te lo dice un biblista laureato in ebraico, Danilo Valla: ascolta su Youtube quanto lui dice

Io: Avrai notato il fatto, e spero tu possa apprezzarlo, che evito accuratamente di citare blog / video Youtube / Wikipedia o altre fonti sulla cui serietà avrei più di una parola da spendere. Nel caso specifico, non so chi sia questo “biblista laureato in ebraico”. Ho provato a cercare qualche articolo peer-review scritto da lui, ma non trovo nulla. Sembra che sia “professore” in un istituto creato da lui stesso. Gradirei mi ricambiassi la gentilezza, citando solo documenti la cui scientificità sia riconosciuta da pubblicazione paritarie.

Anche in questo caso, con quel tuo “completamento errato” riferito a quanto ho scritto io, sembri mostrare una mancanza di sobrietà argomentativa che non giova al dialogo. Tornando ad Esodo 3:14, Terence E. Fretheim (non so se sia all’altezza del “prof. Valla”, lascio a te deciderlo) nel suo libro “Esodo” (ed. Claudiana, 2008, pag. 88) dichiara in merito alle diversi ipotesi fatte sulla traduzione del tetragramma:

Direi che la mia lettura, per quanto da te etichettata come “completamente errata”, è invece condivisa da studiosi rinomati.

X: anche la traduzione di vangelo di Giovanni 8, 58 è chiarissima perché Gesu’ disse: “Prima che Abramo fosse IO SONO”

Io: Ti faccio notare che il contesto di Giovanno 8 ci dice che i giudei chiesero a Gesù come fosse possibile che egli, non ancora cinquantenne, avesse visto Abramo. Si tratta quindi di un quesito collegato all’età di Gesù. E la risposta di Gesù è coerentemente riferita alla sua età, non alla sua identità col Dio echad

Giovanni 8:58, dice: εἶπεν αὐτοῖς ὁ Ἰησοῦς Ἀμὴν ἀμὴν λέγω ὑμῖν πρὶν Ἀβραὰμ γενέσθαι ἐγὼ εἰμί. La Bibbia di Gerusalemme (ed. 2008) traduce nel seguente modo:

Possiamo leggere “prima che Abramo fosse, Io Sono”. Questa traduzione fa credere al lettore che vi sia un collegamento fra “Io Sono” ed Esodo 3:14 (anche se abbiamo visto che il significato  di Esodo 3:14 non è affatto “Io sono”).

Ora esaminiamo un altro passaggio di Giovanni, cioè cap.9 verso 8 e 9: Οἱ οὖν γείτονες καὶ οἱ θεωροῦντες αὐτὸν τὸ πρότερον ὅτι τυφλὸς ἦν ἔλεγον Οὐχ οὗτός ἐστιν ὁ καθήμενος καὶ προσαιτῶν ἄλλοι ἔλεγον ὅτι Οὗτός ἐστιν ἄλλοι δὲ ὅτι ὅμοιος αὐτῷ ἐστιν ἐκεῖνος ἔλεγεν ὅτι Ἐγώ εἰμι. Sempre La Bibbia di Gerusalemme traduce: Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: «Non è egli quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!».

Siccome il costrutto fra i due versetti è identico, vorresti spiegarmi perché nel primo viene reso con “Io Sono” mentre nel secondo con “Sono io”? 

Capisci che in Gv 8:58 alcuni traduttori vogliono trasmettere un significato teologico che non è affatto implicito nella grammatica del testo? Capisci qual è la differenza fra dedurre la propria teologia dal testo (come dovrebbe essere corretto che sia) e leggere invece il testo alla luce della propria teologia (come fanno alcuni trinitari)? Prima viene il testo, poi la teologia costruita su di esso. Oppure credi che sia in errore anche Edgar J. Goodspeed, che nella sua traduzione biblica rende Gv 8:58 non con “Io sono” ma con “Io esistevo prima che Abramo nascesse”?

X: E’ errato sostenere che Giovanni 1:1 possa essere tradotto in tre modi diversi, tra cui “il Verbo era un dio”, come fanno i testimoni di Geova; allora dovremmo tradurre “un dio” tutte le volte che si usa la parola greca Theos senza l’articolo definito. Giovanni ha omesso l’articolo “ho” prima della parola “Dio” per il fatto che vuole comunicarci la caratteristica generale del Logos, che è Dio nella sua essenza e in tutti i suoi attributi. Infatti la parola “Theos”, ossia “Dio”, senza articolo vuole significare la nozione generale di Dio, ossia la Causa Prima, l’Assoluto. Giovanni vuole quindi enfatizzare la natura stessa del Verbo, che è uguale a quella del Padre.

Io: eppure, in tutti i corsi di greco di primo livello si insegna che, non essendoci articoli indeterminativi nella lingua greca, il concetto di indeterminatezza lo si esprime semplicemente omettendo l’articolo determinativo. L’indicazione di un sostantivo indefinito attraverso l’omissione dell’articolo determinativo, si trova in numerosi passi del NT compreso il vangelo di Giovanni. Consideriamo Giovanni 4:19 :λέγει αὐτῷ ἡ γυνή Κύριε θεωρῶ ὅτι προφήτης εἶ σύ

La Bibbia di Gerusalemme rende: “Gli replicò la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta.”

Perché in questo versetto viene aggiunto l’articolo indeterminativo senza che qualche trinitario “si strappi le vesti”? 

Consideriamo Giovanni 8:48: Ἀπεκρίθησαν οὖν οἱ Ἰουδαῖοι καὶ εἶπον αὐτῷ Οὐ καλῶς λέγομεν ἡμεῖς ὅτι Σαμαρείτης εἶ σύ καὶ δαιμόνιον ἔχεις

La  Bibbia di Gerusalemme rende: Gli risposero i Giudei: «Non diciamo con ragione noi che sei un Samaritano e hai un demonio?” 

Perché anche qui non c’è nessuno che si lamenta per l’aggiunta dell’articolo indeterminativo? Forse perché questi versetti non sono “carichi” teologicamente? Mentre aggiungerlo in Giovanni 1:1 avrebbe implicazioni teologico-trinitarie? Devo ripetermi ancora una volta: prima viene il testo! Poi viene la teologia. Non viceversa.

Se Giovanni avesse voluto identificare il Dio echad con il logos, avrebbe usato un doppio articolo determinativo. Avrebbe scritto ho logos en ho theos, ma non lo fa! Per Giovanni, il logos è ciò che più si “avvicina” (in ogni senso) al Dio echad, ma non è lui. Ha sì natura divina, ma non è il Dio echad degli ebrei. Giovanni sottolinea questo punto perché molti dei suoi lettori erano dell’opinione che Gesù fosse “semplicemente” il Messia, cioè un essere umano divinamente scelto.

Per capire bene questo punto e per spiegarti quale sia la mia visione, ti invito a richiamare la tua conoscenza delle varie figure di mediatori e agenti divini presenti nel giudaismo del Secondo Tempio; se leggiamo il prologo di Giovanni nel suo contesto, lontano dalle successive controversie cristologiche, si può concludere che il termine Theos fu impiegato da Giovanni per indicare fondamentalmente il ruolo di agente o rappresentante divino di Gesù, preannunciato da un mosaico di figure mediatrici del giudaismo, con la differenza che qui abbiamo a che fare con la rivelazione definitiva e assoluta di Dio, il suo “ultimo inviato e rivelatore”.

L’ambiente religioso e culturale di Giovanni permetteva di usare il termine theos non esclusivamente per il Dio echad degli ebrei, ma anche per figure mediatrici o agenti divini, senza per questo disattendere il monoteismo giudaico. In quest’ottica, per un giudeo, Gesù (o il Logos) poteva legittimamente essere definito «un dio» pur senza essere l’ ha-El o Elohim echad degli ebrei. Ti invito ad approfondire questo punto in “La Bibbia prima del Dogma” al sottotitolo “Mediatori, agenti divini e cristologia“, pag. 138 (link).

A chiusura di tutto quanto sopra esposto, ti indico qui di seguito cosa puoi leggere in G. Filoramo e D. Menozzi (a cura di), Storia del Cristianesimo – L’antichità, Ed. Laterza, Roma, 2001:

Sottolineo la conclusione di Filoramo: “anche una cristologia che vedesse nel risorto una figura angelica […] non era di per sé eretica”.

X: L’Apostolo Giovanni non vuole comunicarci che Gesù Cristo era “divino”, ma che era (ed è) “Dio”, nella sua pienezza. Se avesse voluto comunicarci che Gesù Cristo è “divino” avrebbe potuto usare la parola “theios”. Esiste una grande differenza tra le parole “theios” e “Theos”. I termini non sono assolutamente intercambiabili. Ciò che è divino non è sempre Dio, ma Dio è sempre divino. Da theios derivano le parole theiotees, Divinità, e theotees, deità. E’ quindi totalmente errato tradurre la terza parte del primo verso del Vangelo di Giovanni come “e il Verbo era divino”, in quanto la parola che si usa è “Theos”, “Dio” e non “theios”, “divino”.

Non c’è da meravigliarsi del fatto che Giovanni non usi la parola “theios”. C’è invece da meravigliarsi del fatto che tu non sappia perché non la usa. Infatti theios è una parola che appartiene più al greco “classico” e non solo non la usa Giovanni, ma non compare mai nei vangeli. Compare solo tre volte (una volta in Atti e due volte nelle lettere) ed unicamente in contesti ellenistici. A riprova puoi consultare il Grande Lessico del Nuovo Testamento, ad vocem. Nessuna meraviglia quindi che gli evangelisti non la usino. 

Anche la tua affermazione secondo cui è…

…totalmente errato tradurre la terza parte del primo verso del Vangelo di Giovanni come “e il Verbo era divino”, in quanto la parola che si usa è “Theos”, “Dio” e non “theios”, “divino”

si mostra poco “sobria”. Soprattutto alla luce di come rendono numerose bibbie, tra cui la già citata Goodspeed (che usa “divino”):

oppure la Moffatt (che usa “divino”):

A proposito: sai come i successivi copisti copti tradussero il versetto di Giovanni 1:1? Sì, perché a differenza della lingua greca, in copto l’articolo indeterminativo esiste. Quando i copisti leggevano Giovanni 1:1 come lo intesero e quindi come lo tradussero? Prova un po’ a controllare da solo. Conosci il copto? Questo è il primo versetto:

Qui puoi vedere coi tuoi occhi la pagina relativa a Giovanni cap.1 di un manoscritto copto: https://viewer.cbl.ie/viewer/image/Cpt_813/299/

Vedi? C’è l’articolo indeterminativo “un” (“un dio”).

X: i cristiani in nome di chi battezzavano? Se leggi gli Atti vedrai che battezzavano in nome di Gesu’ Cristo e pertanto credevano che lui fosse Dio e non “un dio”, infatti nessuno battezzerebbe in nome di una creatura di Dio. Cosa rispondi a questa domanda?

Caro X. Non vedo proprio alcuna difficoltà a rispondere a questa domanda. Battezzare nel nome di Gesù, o addirittura nel nome del Padre, del Figlio e dello spirito santo, non ha nulla a che fare con quello che tu credi. Lascio però che a dirtelo sia qualcuno più “accreditato” di me. Hans Kung, in Cristianesimo – Essenza e storia (ediz. BUR, 2008, pag. 85) dice:

Hai notato come chiude il paragrafo nelle ultime due righe?

Vorrei ricordarti che Kung è trinitario. Ma lui si approccia ai testi in maniera seria, e arriva a conclusioni assolutamente condivisibili. Questo è quello che significa riuscire a mantenere separati il piano storico biblico da quello teologico. Altri invece, ogni volta che si imbattono in una tipica formula ternaria, la confondono con una formula trinitaria e iniziano a leggere il testo in maniera anacronitisca.

Sempre Hans Kung, questa volta nel suo libro “Credo” (ed. BUR, 2003) dice: “Nella Bibbia ebraica, e così nel Nuovo Testamento, non c’è alcuna traccia di una generazione, meta-fisica nel senso della successiva dottrina ellenistico-ontologica della Trinità” (pag.63-64). E proprio parlando del vangelo di Giovanni, dice: “neppure questo quarto vangelo sviluppa una cristologia metafisico speculativa sradicata dal suolo ebraico” (pag. 65), che è quanto ho cercato di spiegarti anche io sopra, nei paragrafi relativi a Giovanni 1:1.

Il cattolico Marie Emile Boismard, sulle cui competenze spero tu non abbia a obiettare, scrive nel suo “All’alba del cristianesimo” (ed. Piemme, 2000): “Già nelle tradizione giudaiche sono presenti delle formule a tre termini, almeno uno dei quali è Dio, che non nascondono alcuna allusione al mistero della Trinità. Perciò non le chiameremo formule trinitarie ma semplicemente formule ternarie” (pag. 144-145)

E come conclude Boismard le sue considerazioni?

Credo (e spero) di averti spiegato in maniera chiara quale sia la mia lettura dei passaggi biblici che abbiamo esaminato. I numerosi accademici che ho citato sono tutti trinitari, eppure riconoscono che dal testo biblico non puoi ricavare la dottrina della Trinità. 

Ti rimando anche ad un mio precedente articolo (link)

Buona giornata

Francesco Arduini