In verità ti dico oggi: tu sarai con me in paradiso
Ἀμήν λέγω σοι σήμερον μετ᾽ ἐμοῦ ἔσῃ ἐν τῷ παραδείσῳ
Il periodico “Parola e Azioni” n.1/2021 dell’Associazione Italiana Traduttori della Bibbia, dedica la rubrica “l’angolo del traduttore” (pag.3) all’analisi del versetto biblico di Luca 23:43.
In quel periodico si ricorda ai lettori che i manoscritti attraverso i quali ci è pervenuto il testo del Nuovo Testamento non contengono la punteggiatura. Essa, infatti, “è stata introdotta decisamente molto tempo dopo”. Si afferma testualmente anche quanto segue:
A quale conclusione giunge l’Associazione Italiana Traduttori della Bibbia? Riporto ancora testualmente:
Ritengo necessario evidenziare alcune informazioni che servono a completare l’analisi offerta dall’AITB. Rispondo punto su punto.
Primo: che la Clear World Bible e la Traduzione del Nuovo Mondo siano le uniche traduzioni a inserire i due punti dopo la parola “oggi” (come sembra si voglia far credere) è semplicemente falso.
Limitandomi solo all’ultimo secolo, esistono più di 10 versioni che hanno optato per la medesima resa traduttiva (ma l’elenco sarebbe ancora più lungo se ampliassi l’arco temporale). La più recente di queste mi risulta essere la versione nota col nome “The Scriptures” (edizione 2009). Questa edizione è molto interessante perché stata prodotta con l’obiettivo di far comprendere al lettore la mentalità, la cultura, direi quasi il “retrogusto” ebraico che è parte integrante (e basilare) degli scritti originali.
Ebbene, come rende Luca 23:43 questa versione biblica? Nel seguente modo:
La pausa viene messa dopo la parola “oggi”, proprio perché “ti dico oggi” è riconosciuta essere una espressione semitica.
Secondo: che la necessità di rendere il versetto in quel modo nasca dal “pregiudizio teologico” o dottrinale è falso. Esistono difatti alcune considerazioni testuali che non possono essere ignorate, tanto meno nascoste. Bastava una semplice ricerca nella letteratura dei Testimoni di Geova per trovare quanto riportato nella loro pubblicazione “La Vita ha veramente uno scopo?”, pag.27 (edizione 1977):
Per quanto riguarda la punteggiatura, è certo che gli antichi copisti la conoscevano e ne facevano uso in lettere e documenti privati. In sporadici casi la usarono anche nei manoscritti biblici. Ad esempio, nel manoscritto Vaticano n.1209 (B) un punto “.” alto sulla linea indicava la conclusione del pensiero, mentre un punto basso indicava una pausa breve. Proprio in questo manoscritto esiste un punto basso dopo la parola “oggi”. La presenza di tale punto è stata confermata dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, che lo fa verosimilmente risalire al quarto secolo e alla stessa mano di chi ha scritto il resto del testo.
Non è assolutamente un fatto secondario rilevare come anche l’importante testo della versione Curetoniana Siriaca formuli il versetto in modo tale da far ricadere una pausa dopo la parola “oggi”:
Terzo: è necessario evidenziare come una ricercata armonia narrativa interna ai vangeli giustifichi pienamente la resa dei due punti dopo “oggi”. Da nessuna parte si legge infatti che Cristo salì ai cieli nel medesimo giorno in cui morì. Anzi, si possono trarre solo letture che si muovono in senso opposto.
Contrariamente a quanto affermato nel periodico Parola e Azioni, la “dottrina” dei Testimoni di Geova non c’entra nulla con la resa della Traduzione del Nuovo Mondo: Luca non vuole risaltare l’oggettività cronotopica del paradiso, come se volesse intendere che “oggi” il ladrone si sarebbe trovato in quel luogo. Bensì conferisce a quell’ “oggi” (un “oggi” in cui tutto sembra perduto, un “oggi” in cui la morte sembra prevalere persino sul Figlio di Dio) una dimensione kerygmatica a suggello e a solenne garanzia della promessa appena formulata. Il tutto in pieno stile semitico (cfr De 4:26, 39, 40, etc..etc..).
Cari amici dell’Associazione Italiana dei Traduttori della Bibbia, si può essere d’accordo, o meno, con quanto esposto brevemente qui sopra ma nasconderlo completamente ai vostri lettori non mi pare possa configurarsi nel migliore degli approcci al “problema” testuale.
Francesco Arduini
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