Quel “Superman” di Mauro Biglino

Caro Francesco Arduini,

Ho letto con piacere i tuoi articoli dove confuti in maniera garbata e competente le affermazioni di Mauro Biglino circa l’uso del plurale di maestà nel Vecchio Testamento riferito al termine “elohim” normalmente tradotto “Dio”, quando riferito a YHWH o alle divinità adorate dai vicini di Israele ( vedi https://iltalebano.com/2020/03/12/biglino-semplicemente-imbarazzante/ ).

Non possiedo le tue competenze e quindi posso solo prendere atto dell’abbaglio, a voler essere buoni, che prende Mauro Biglino nel voler sostenere la “teoria degli antichi astronauti” con il supporto linguistico dell’ebraico biblico.

Ho notato però che lo stesso si cimenta in un campo in cui sono certo di non essere secondo a nessuno: la cultura pop, con particolare riferimento al genere super-eroistico.

Mauro Biglino in un articolo comparso in rete (vedi https://unoeditori.com/mauro-biglino-analizza-il-personaggio-di-superman/) sostiene che il popolare personaggio di Superman edito dalla DC Comics altro non sia che “una perfetta rappresentazione moderna degli Elohim biblici e degli “dei” descritti dai popoli antichi”. Dice pure che “l’elemento però indubbiamente più curioso ed intrigante è che i suoi inventori lo hanno chiamato kal-el cioè “El rapido e leggero” e a suo padre hanno dato il nome di Jor-el cioè “El di luce o luce di El”. Il suo articolo fa questa domanda, leggermente tendenziosa: “Come poteva venire in mente a due nordamericani di chiamare questo loro supereroe proprio con il nome con cui secondo la tradizione dottrinale nella Bibbia verrebbe identificato niente meno che Dio stesso?”. Per togliere ogni dubbio sull’obbiettivo dell’articolo e sulla risposta alla domanda Biglino conclude dicendo:” La domanda è: coloro che “sanno” [il virgolettato è suo], ci stanno raccontando tutto in forme narrative diverse?”

Prima di rispondere alla domanda premetto che ciascuno deve parlare di ciò che sa. Se pontificassi sull’ebraico biblico, data la mia incompetenza, rischierei di dire delle inesattezze. Ecco perché non ci provo e mi fido degli esperti. Lo stesso vale (anche se le conseguenze sono diverse e minori) se si scrive su un mito della cultura pop (tale è Superman) senza avere la minima idea di cosa sia la cultura pop americana. Ma se uno ama la verità, la ama in ogni cosa, anche nei fumetti. Quindi rispondo io alla domanda (mica tanto) retorica di Mauro Biglino.

Ai due autori nordamericani venne in mente di chiamarlo in questo modo perché i due autori erano ebrei nordamericani. La loro cultura è quella ebraica. In Superman misero dentro tutti gli elementi del messianismo ebraico. Superman è una persona profondamente interessata alla giustizia (e non al rispetto della legge americana) e desideroso del bene altrui. Anche un lettore distratto troverà molte somiglianze tra le descrizioni del Messia nel Salmo 72 e in Isaia 11 e il personaggio di Siegel e Shuster. Il fatto che venga da un altro pianeta e si “mimetizzi” con “noi” (gli americani), è un chiaro riferimento ai tanti immigrati ebrei (e non solo) che trapiantati negli States li trovarono la loro terra promessa. Il riferimento al pianeta Krypton che esplode deriva dalle letture di fantascienza di Jerry Siegel. Quindi Jerry Siegel e Joe Shuster mescolarono nella loro creazione il loro retaggio ebraico, la cultura americana dell’epoca e le loro letture di fantascienza.

Contrariamente a quanto aggiunto dagli autori successivi, che resero Superman enormemente superiore agli uomini, praticamente invincibile (poteva volare più veloce della luce, viaggiare nel tempo, attraversare il sole senza scottarsi e spostare un intero pianeta senza sforzo) tanto da rendere le sue storie tra gli anni 50 e 80 stucchevoli e un po’ noiose (si dovettero inventare la kriponite, un minerale proveniente dal suo pianeta d’origine, come punto debole per dare un po’ di pathos alle avventure) il Superman delle origini non volava ma saltava e non era poi così forte. Il Superman delle origini, nella sua prima avventura si interessa di una donna condannata ingiustamente alla sedia elettrica e costringe il governatore di uno stato americano a considerare le prove della sua innocenza e a graziarla. Un Superman, per inciso, contrario alla pena di morte. Inoltre, era pacifista e, sempre nella prima avventura, sventa un traffico d’armi promosso da un senatore americano. Il Superman inventato dai due ebrei nordamericani non c’entra nulla con gli “elohim” di cui va fantasticando Mauro Biglino.

Come venne loro questa idea? Una leggenda, alimentata dalla casa editrice di Superman, dice che il personaggio apparve in sogno a Jerry Siegel che il giorno dopo ne parlò con l’amico Joe Shuster che lo disegnò. Ma è una storia, raccontata per alimentare un mito.

La verità è più prosaica. Siegel e Shuster erano due autori di comics spiantati che vivevano di piccole commissioni nell’ambito della nascente industria del fumetto. Erano figli di immigrati ebrei. Siegel era un appassionato di fantascienza. Entrambi leggevano Tarzan, i fumetti di Alex Raymond (Flash Gordon), Zorro e Phantom. Shuster era pure un appassionato di body building. Tutti questi elementi confluirono nella creazione del personaggio che poi la DC Comics sfruttò in ogni modo rendendolo celebre. La stessa città immaginaria in cui opera Superman, Metropolis, si ispira a Toronto, visto che Shuster era di origini canadesi. Il volto dell’alter ego di Superman, il mite Clark Kent, fu preso pari pari da un loro amico giornalista Walter Dennis, con cui condividevano la passione per la fantascienza e che si prestò a posare per loro. Il senso di giustizia di Superman fu preso dalle origini ebraiche e da un episodio della vita di Siegel: dei criminali uccisero la madre e la fecero franca. Lui traspose il forte senso di giustizia nel suo personaggio immaginario. Il nome “alieno”, Kal-el (“voce di Dio”), venne dato successivamente alle prime avventure ed è un chiaro riferimento alle origini ebraiche dei due autori. La forza superiore a quella di altri uomini (ricordo che il Superman delle origini non vola, non vede attraverso le pareti e non ha il super udito) è ispirata al Sansone biblico.

In conclusione, caro Francesco, per capire come è nato un mito della cultura pop, non serve scomodare gli “antichi astronauti”. Basta conoscere la cultura pop americana degli inizi del Novecento e la biografia degli autori.

C’è invece una domanda più pressante: come mai negli anni 30 nascono i supereroi? Infatti, nel 1938 viene pubblicato Superman, nel 1939 Batman, nel 1941 Wonder Woman e Capitan America (della concorrente Atlas, oggi Marvel) e a cavallo della Seconda guerra mondiale molti altri.

Se analizzati bene i personaggi creati in quegli anni erano ispirati ai romanzi pulp, alla fantascienza, a Tarzan e andando indietro nel tempo, ai miti greco-romani, di cui gli americani sono appassionati cultori e lettori. Basti pensare al successo recente dei romanzi di Rick Riordan che rileggono la cultura greco-romana in chiave americana.

Siamo inoltre all’indomani della grande depressione. Non si vedeva una via d’uscita. I supereroi rappresentarono per milioni di americani una via di fuga ad un presente senza speranza. Tant’è che alla fine della Seconda guerra mondiale, con la ripresa economica, il pubblico perse interesse per loro e per avere nuovamente successo si dovette attendere il 1961 con la creazione di Fantastic Four da parte di altri due ebrei americani, Stan Lee e Jack Kirby. Iniziò così l’epopea dei “supereroi con super-problemi”, frase coniata dall’editore italiano degli anni ’70 della Marvel e molto azzeccata per definire un nuovo modo di narrare le gesta dei supereroi. Ma questa è un’altra storia.

Quindi se è vero che nello scrivere inesattezze su Superman non si fa grande danno, per comprenderne le origini non c’è bisogno di pensare che dei fantomatici “loro” ci parlino in tanti modi ma semplicemente che ogni opera letteraria (e Superman lo è!) è figlia del suo tempo e risente delle influenze culturali del posto dove nasce. Con buona pace dei “loro” che sussurrano all’orecchio di Biglino.

Se può farti piacere la “teoria degli antichi astronauti” è stata fonte di ispirazione per molti autori di fumetti. Un esempio è dato dalla saga “The Eternals” (Marvel Comics Group) scritta da Jack Kirby che per la cronaca era un avido lettore di Erich von Däniken, sostenitore di tale teoria e che ha ispirato Zecharia Sitchin e Mauro Biglino. A proposito: la Disney, ora proprietaria della Marvel, ha prodotto un film dedicato a Gli Eterni (“The Eternals”) che uscirà nelle sale il prossimo anno. Magari poi leggeremo da Mauro Biglino che “loro” hanno sussurrato pure alla Disney.

Giuseppe Caudullo