Pia desideria – proposte per un’edificazione spirituale

David Zunner era un editore di Francoforte sul Meno che, in occasione della fiera di Pasqua del 1675, desiderando presentare la ristampa di una raccolta di prediche di Joann Arndt, si rivolse al decano del collegio dei predicatori luterani nella sua città affinchè scrivesse una prefazione a quest’opera famosa. L’incarico di decano era al tempo ricoperto da tale Philipp Jacob Spener.

Il testo venne pubblicato con la data del 24 marzo 1675, e nel giro di poco tempo accadde qualcosa di imprevisto: molti che possedevano già le opera di Arndt, espressero con insistenza il desiderio di poter comprare separatamente la prefazione di Spener.

Fu così preparato un opuscolo separato per la fiera libraria autunnale del medesimo anno, con l’aggiunta di alcuni scritti di commento che erano già giunti in risposta alla pubblicazione uscita a marzo. Spener stesso tradusse questo opuscolo, i Pia desideria, prima in latino, pubblicandolo nel 1678, poi di nuovo in tedesco nel 1680, nel 1693, 1699, 1706, 1712, ottenendo per decenni una larghissima diffusione e divenendo il manifesto di quel movimento che dagli avversari fu chiamato “pietismo”, a motivo del frequente uso da parte dei suoi sostenitori della parola latina “pietas” e “pius”.

Ma cosa aveva di tanto particolare quest’opera? Sebbene lo Spener fosse un sincero ammiratore di Lutero e cogliesse ogni occasione per sottolinearne l’amore per la Parola di Dio, per una fede operante e per il coraggio di essersi posto contro Roma, egli non esitò a scrivere in quelle pagine una serie di gravi giudizi sulle condizioni della chiesa luterana tedesca, aggiungendovi quelle che, a suo parere, erano proposte utili ad un miglioramento del pessimo stato in cui versava.

Si tratta dell’interpretazione pratica, personale e irenica del messaggio cristiano fondata sulla coerenza e l’impegno soggettivi. Spener non si preoccupa di questioni dogmatiche o filologiche; per lui il cristianesimo si basa essenzialmente su un evento spirituale interiore di conversione che a sua volta produce effetti morali nella vita pratica dell’individuo. Tutti gli sforzi dovevano essere diretti ad un ritorno al cristianesimo autentico, ricominciando da se stessi attraverso un rinnovamento interiore agevolato dalla costituzione di piccole comunità di persone mosse dal medesimo desiderio. Solo così si poteva sperare che la condizione morale perversa nella quale vivevano tutti i ceti sociali, comprese le autorità civili e quelle ecclesiastiche, potesse lasciare spazio ad un sentimento religioso che, quando presente, non fosse solamente esteriore.

Non dovremmo però essere indotti a pensare che da Lutero a Spener vi sia stata una tale degenerazione della vita cristiana da legittimare simili critiche; piuttosto credo sia più corretto supporre una crescente delusione per le mancate aspettative che la Riforma aveva lasciato sperare.

Grazie ai Pia desideria, le persone riuscirono a trovare sollievo da questo malessere generale, riacquistarono fiducia prima di tutto in loro stesse, e poi in un possibile cambiamento della società. Ma i Pia desideria non sono l’inizio improvviso di un movimento sorto dal nulla (alcuni storici arrivano a parlare anche di “proto-pietismo”); molti altri prima di Spener, seppur senza il suo vigore e la sua determinazione, affrontarono i medesimi problemi. Del resto il successo editoriale dell’opera è una testimonianza di come essa rispondesse a bisogni sentiti e a idee moto diffuse.

La condizione critica della società

Spener introduce la sua opera con una frase che, da sola, sarebbe sufficiente a dipingere il quadro disperato della situazione. Egli scrive: “Un tempo il mezzo più efficace [per risolvere i problemi] era che i più elevati propositi della chiesa e i rappresentanti di tutte le ragguardevoli chiese particolari si riunissero in concili e deliberassero sulle comuni disgrazie. … se [oggi] volessimo attenderlo [un simile concilio], moriremmo col nostro desiderio”.

Nessuno sperava più che la Chiesa istituzionalizzata trovasse da sola la forza di rinnovarsi. Era necessario che ogni cristiano iniziasse prima a rinnovare la propria “casa”.

Ma, accanto ad un grande pessimismo riguardo lo stato presente della vita sociale ed ecclesiastica, lo Spener professa un esigente ottimismo nei confronti delle forze morali degli individui che vogliono opporsi al male; c’è l’esigenza di impegnarsi a fondo per un mutamento e tale impegno avrebbe certamente portato dei frutti.

Al ceto delle autorità civili vengono rimproverati il “cesaropapismo” e l’utilizzo politico della religione. Al ceto delle autorità ecclesiastiche viene rimproverata l’ignoranza dell’autentico cristianesimo nella teoria e nella pratica, l’adattamento del clero a condizioni di vita non evangeliche, il ridurre la teologia alla controversia contro i dissenzienti, creando una nuova scolastica ed eliminando la vera teologia basata sulla Bibbia.

Per Spener, anche la situazione generale del popolo è tra le più tristi che si possano immaginare: ubriachezza, ingiustizia, egoismo e brutalità, dilagano. Lapidaria è la sua affermazione: “…delle regole di Cristo non se ne vede alcuna in uso pubblico. Il nostro redentore ci ha dato da tempo il distintivo: ‘da questo ognuno riconoscerà che siete miei discepoli, dall’amore che avete l’uno per l’altro’ (Gv 13:35) Se ora giudichiamo secondo questo segno, quanto sarà difficile, pur in presenza di una grande massa, trovare solo un piccolo numero di veri discepoli di Cristo!”.

Ciò che risulta davvero insopportabile per Spener, non è tanto la pratica di certi peccati ma il fatto che essi non vengano più riconosciuti come tali. Le persone si sono rassegnate al punto tale che iniziano a considerare queste pratiche come normali, di nessuna gravità. Parlando dell’ubriachezza, ad esempio, egli afferma: “[costoro] ritengono pur sempre in proposito che prendere una sbornia occasionale per far piacere a un amico, purchè non accada troppo spesso, non è un peccato o è un peccato quasi non degno di punizione. Quando poi alcuni si levano con questo argomento, che l’ubriachezza non possa essere un così grave peccato, perchè, nel caso contrario tra noi i veri cristiani dovrebbero essere seminati in modo troppo rado, io piuttosto lascio valere tale conseguenza e ne deduco inoltre che tale peccato è tanto più pericoloso, quanto più ha preso il sopravvento e viene riconosciuto da pochi, così, come quelli di Sodoma, ci si gloria di esso o lo si abbellisce o si pretende di considerarlo un peccatino”.

Gli scandali diventano completamente di abitudine pubblica in ogni ceto sociale.
Per quanto riguarda le professioni, la situazione non è diversa e anche qui Spener non si risparmia certo in critiche: “accade che non si consideri peccato il perseguire quei profitti che nel mondo non causano alcuna cattiva fama, anzi vengono lodati come diligenza e preveggenza, anche se sono molto gravosi per il nostro prossimo accanto a noi, anzi lo schiacciano e lo sfruttano….dovremmo amare il nostro prossimo come noi stessi. Ma la forza di tale sentenza viene poco considerata”.

Che senso avrebbe professarsi cristiani per poi vivere come se Cristo non esistesse? Prendere coscienza di questo era essenziale per dare corso al progetto di rinnovamento.

“Non è sufficiente che il tuo orecchio ascolti la parola di Dio. O tu fai sì che essa penetri pure intimamente nel tuo cuore e che tale divino alimento colà sia digerito, affinché tu ne riceva succo e forza, oppure esso entra da un orecchio ed esce dall’altro”.

Spener non risparmiò nemmeno ceti più elevati. Quanti fra quelli che detengono l’autorità civile si ricordano che è Dio ad avere loro concesso “lo scettro e il bastone del comando”? Queste autorità ricercano solo il loro tornaconto, non si preoccupano del benessere del popolo, abusano del loro potere. E questo vale anche per le autorità ecclesiastiche: “Ahimè, similmente, noi predicatori posti nel ceto ecclesiastico non possiamo negare che anch’esso sia del tutto corrotto e così dai nostri due ceti superiori [autorità civile e ecclesiastica] si diffonde nella comunità la più parte della corruzione”.

Spener è conscio che se i pastori continuano a comportarsi in suddetta maniera, le loro prediche perderanno di autorevolezza e indurranno altri all’errore: “le persone, che sempre secondo la disposizione della nostra natura giudicano più volentieri in base agli esempi che non in base alla dottrina, pensano che il vero cristianesimo sia come essi lo vedono nei loro predicatori e che non devono porsi ulteriori scrupoli … non ho alcun dubbio che presto avremmo una chiesa completamente diversa, qualora noi maestri di essa in gran parte fossimo tali che con Paolo, senza arrossire, potessimo gridare alle nostre comunità: ‘Siate miei imitatori, come io di Cristo’ (1 Cor 11:1)”.

Un principio sul quale Spener insiste è che il cristiano che agisce in maniera scorretta deve sentire la responsabilità del biasimo che potrebbe portare sulla chiesa. Deve capire che il suo agire scorretto avrà ripercussione sull’attività di evangelizzazione. Egli afferma: “Molti considerano come una pura ipocrisia una dottrina secondo la quale non si diriga la vita e desiderano riconoscere il regno di Dio non dalle parole ma dalla sua efficacia. … per quanto concerne i nostri oppositori, è inutile voler nascondere i nostri errori di fronte a loro. Se pensiamo che si dovrebbe tenerli nascosti a causa degli oppositori, ahimè dobbiamo farci molte illusioni qualora pensassimo che essi non li vedano più acutamente di noi stessi … Pretendiamo invece che, da una parte essa [la chiesa] sia libera da pubblici scandali e che nessuno che ne sia affetto venga lasciato senza la dovuta correzione e infine senza esserne escluso, e d’altra parte, i veri membri di essa siano riempiti abbondantemente di molti frutti. Pretendiamo dunque che l’erba cattiva non ricopra più il grano e lo renda invisibile, come purtroppo oggi accade spesso, ma piuttosto venga ricoperta da esso, in modo che non la si percepisca eccessivamente”.

Dopo aver descritto la situazione critica della chiesa ai suoi tempi, e questo senza risparmiare “colpi” a nessuno, Spener avanza le sue sei proposte che avrebbero dovuto rappresentare la cura per questi mali.

Le proposte

1) Diffusione della parola di Dio
La prima cosa da fare era incoraggiare l’uso della Bibbia. Secondo Spener, in ogni casa doveva essere disponibile una Bibbia o almeno il Nuovo Testamento. Bisognava leggerla sia personalmente che in gruppo, discutere i contenuti, condividere le esperienze, ecc.. I brani biblici andavano letti senza interruzioni e senza spiegazioni. Si sarebbe poi dovuto esporre brevi riassunti di quanto letto ed avviare la discussione esternando i propri dubbi o esigendo spiegazioni di particolari passi.

Non mancarono le raccomandazioni affinché il tutto si svolgesse in modo degno del nome di Cristo: “qualora pretendessero di introdursi saccenteria, litigi, ricerca del proprio onore e comportamenti simili, dovrebbe essere impedito ed eliminato accuratamente, soprattutto da parte di quei predicatori che hanno la direzione di tali incontri”.

L’obiettivo era di risvegliare un “intimo zelo” per la Scrittura affinché, con l’uso diligente d’essa, le persone trovassero la forza per rinnovare sé stesse.

2) Il sacerdozio spirituale
Il vero cristiano deve riappropriarsi dell’esercizio del sacerdozio. Secondo Spener è stato un gravissimo danno aver considerato il sacerdozio come uno stato riservato ad alcuni cristiani dotati di particolari poteri e separati dagli altri. Il ministro ordinato è un delegato della comunità per sorvegliare lo svolgimento delle funzioni pubbliche; non è dotato di alcuna dignità superiore né di qualsivoglia posizione privilegiata dinanzi agli occhi di Dio.

Usando le stesse parole di Spener: “tutti i cristiani sono resi sacerdoti dal loro Salvatore, unti con lo Spirito Santo e dedicati all’esercizio del sacerdozio spirituale (I Pt 2:9) … Così gli ecclesiastici hanno reso anzitutto i cosiddetti laici pigri nei confronti di quello che di diritto competeva loro. Da ciò è sorta una terribile ignoranza e da essa un modo di vivere sfrenato”.

3) La pratica del cristianesimo
La terza proposta si sarebbe dovuta attuare considerando il cristianesimo come una attività pratica che adempie al precetto dell’amore. Il cristianesimo non è gnosis ma agape; il “sapere” non è sufficiente. Bisogna mostrare amore e operare in tal senso. La regola da seguire era la seguente: “qualora si fosse in dubbio se compiere questa o quella azione per amore del prossimo oppure no, preferire sempre di compierla piuttosto che di tralasciarla”.

4) Le controversie religiose
La quarta proposta consigliava di porre un freno alle dispute religiose e ai dibattiti fra teologi. Il cristiano si deve concentrare sulla preghiera, l’amore e sul buon esempio nella vita; queste sono le cose che producono veri frutti. Spener, citando Lutero, scrive: “la verità viene persa non a causa dell’insegnamento ma per le controversie. Le dispute portano con sé questa sciagura: che gli animi vengono quasi profanati e, occupati dalle liti, dimenticano le cose più importanti”.

5) L’educazione dei predicatori delle Università
La quinta proposta riguardava lo studio della teologia. Bisognava cambiare il piano di studi includendo anche una specie di “attestato di buona condotta”. Si doveva far capire agli studenti che il risultato non dipende solo dallo studio ma anche da una vita devota. I professori avevano un ruolo primario in tutto ciò, ma troppo spesso la loro stessa condotta, non propriamente virtuosa, era un ostacolo. Essi avrebbero dovuto seguire i loro studenti e divenire delle guide in ogni attività, anche quelle apparentemente innocue, come i pasti: “A tavola devono tenere in modo conveniente discorsi edificanti. Ma discorsi sconvenienti, soprattutto quelli in cui la parola divina, sentenze, formule di canto e altre simili parole vengono stravolte e usate per fini malvagi devono essere impediti e pure puniti severamente, e non ascoltati con piacere”.

Accanto alle lezioni accademiche, i professori dovrebbero organizzare degli incontri che servano alla formazione interiore e conducano all’esercizio di una pietà vissuta.

6) L’uomo interiore
La sesta e ultima proposta, riguardava il fine della predicazione che deve essere quello di costruire l’uomo interiore. “E’ inutile possedere una dottrina che si pretende vera, è inutile celebrare il primato della Parola di Dio, è inutile far uso dei sacramenti cristiani, se i principi del cristianesimo non sono diventati la propria personalità interiore, se non ci si è identificati con essi nel più profondo della propria coscienza”.
A tal fine, la Parola di Dio andava predicata in modo semplice. La potenza per rinnovare sé stessi era direttamente proporzionale alla semplicità con la quale l’evangelo veniva predicato dal pulpito e compreso dagli ascoltatori. La predicazione doveva avere l’obiettivo di risvegliare nell’animo di tutti l’amore per Dio e per il prossimo.

Le critiche

I Pia desideria crearono un movimento di “coscientizzazione” senza precedenti che, pur non essendo animato da spirito settario, come alcuni falsamente accusarono, e seppur incentrato sull’amore per il prossimo, diede comunque luogo ad aspre critiche. Ancora oggi non è raro che se ne parli con diffidenza.

Karl Barth, ad esempio, critica il pietismo sottolineando la visione antropocentrica della sua teologia: l’uomo che afferma se stesso anziché affermare Dio. Una teologia umanizzata, che mira a trasformare il mondo attraverso la trasformazione dell’uomo.
E’ indubbio che vi furono casi in cui si manifestarono atteggiamenti fanatici, soprattutto legati all’aspetto escatologico del movimento. Così come è indubbio il fatto che la ricerca del rinnovamento di se stessi passò a volte per vie troppo ascetiche.

Ma un corretto inquadramento storico non ci permette di muoverci in direzione di queste critiche, né per quanto riguarda il fanatismo, né per quanto riguarda l’ascesi, né per quanto riguarda un antropocentrismo che intacchi la teologia cristocentrica del pietismo.

Sono critiche che non rendono giustizia alla memoria di Spener: un uomo il cui principale interesse era quello di risvegliare il sentimento religioso in una società persa:  “Tutte le mie proposte quasi unicamente ed esclusivamente vertono su come quelle persone che sono disposte a seguirci possano essere dapprima aiutate e possa essere fatto per loro tutto ciò che è necessario per la loro edificazione” – Philipp Jacob Spener.

fonte: InStoria

Riferimenti bibliografici:

R. Osculati, Pia desideria, Claudiana editrice, Torino 1986
U. Gastaldi, I movimenti di risveglio nel mondo protestante, Claudiana editrice, Torino 1989
E. Campi, Protestantesimo nei secoli, fonti e documenti, Claudiana editrice, Torino 1991
Filoramo-Menozzi, Storia del Cristianesimo, vol. III, Ed. Laterza, Bari 2001
E. Buonaiuti, Storia del Cristianesimo, Ed. Newton&Compton, Roma 2002