La Bibbia prima del dogma

La Redazione ha deciso di dedicare lo spazio di questa pagina al libro pubblicato dall’Aracne editrice, dal titolo “La Bibbia prima del dogma” (autori: F. Arduini, S. Frattini, S. Pizzorni). 

Gli autori avvisano che dal 13 febbraio 2014 è in distribuzione l’edizione corretta da alcuni refusi ed errori presenti nei testi in greco ed ebraico. 

Gli autori risponderanno alle osservazioni e ai commenti ricevuti, purché aventi una certa rilevanza e pertinenza. Tali osservazioni dovranno pervenire al seguente indirizzo: info[at]francescoarduini.it. Le email devono essere firmate con nome e cognome reale (email non firmate, firmate con soprannomi o nickname non verranno prese in considerazione).

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Di seguito, pubblichiamo la prefazione al libro.

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L’atto del tradurre lingue di origine antica in moderni linguaggi recettori è un compito arduo. Il classicista H.D.F. Kitto definisce appropriatamente la traduzione come «l’arte del possibile» e ciò in considerazione del fatto che la traduzione di parole da un linguaggio ad un altro comporta il rendere familiare, all’interno di un diverso contesto, un concetto ad esso estraneo. Kitto evidenzia la sfida del tradurre il termine greco polis in inglese.

Tuttavia, la traduzione della Bibbia è ancora più difficoltosa a causa delle particolari esigenze connesse con la resa della Scrittura. In primo luogo, un’efficace traduzione della Bibbia di solito richiede competenza nelle antiche lingue scritturali. Coloro che rendono l’Antico Testamento in un’altra lingua hanno bisogno di conoscere almeno l’ebraico antico e l’aramaico. Parimenti, i traduttori del Nuovo Testamento dovrebbero conoscere la Koiné greca e la letteratura che caratterizza questo particolare dialetto ellenico. La conoscenza della cultura antica è un altro requisito necessario a chi traduce la scrittura antica: conoscere il quotidiano del vicino Oriente antico è una conditio sine qua non per il traduttore della Bibbia. Quali accorgimenti letterari venivano usati? Quali erano le comuni pratiche sociali?

Tradurre appropriatamente comporta più della semplice familiarità con le parole. C’è ancora un’altra qualità che i traduttori devono possedere. I testi sono resi all’interno di contesti letterari, di conseguenza la prosa non dovrebbe essere trattata come se fosse poesia, e viceversa. Coloro che decidono di tradurre linguaggi originali in altri idiomi dovrebbero avere orecchio per le sfumature letterarie.

Sono stati compilati molti studi recenti sulla differenza tra aktionsart e aspetto (rappresentazione oggettiva e soggettiva delle azioni). Siamo consapevoli del ruolo che la moderna linguistica assume nella comprensione dei testi antichi. La Teoria degli atti linguistici, con la sottile distinzione fra locuzioni, illocuzioni e perlocuzioni è stata uno strumento integrato per il miglioramento della moderna analisi dei testi. Tuttavia, c’è una particolare sfida che il moderno traduttore biblico deve ancora affrontare. Oltre ai problemi inerenti il linguaggio che devono affrontare tutti coloro che lavorano con i testi classici, lo specialista della Bibbia deve cercare di comunicare le idee dello scrittore in maniera fedele, oltre che chiara. 

È una consuetudine rendere l’ebraico nepes in “anima”. Tuttavia, i principali lessici moderni ci informano che è il contesto a determinare ciò che le parole (incluso nepes) denotano in un dato testo. I grammatici si riferiscono al significato contestualizzato di una parola come all’usus loquendi. Un traduttore biblico rimane fedele al significato originale di termini come nepes quando tali parole vengono tradotte in moderni idiomi recettori. Inoltre devono essere evitate le scelte traduttive fuorvianti, così come i pregiudizi, per quanto possibile. Naturalmente non può esserci comprensione senza presupposti, ma chi lavora con le lingue bibliche deve fare lo sforzo di mostrare una certa equidistanza. Nessuna meraviglia se la traduzione è «l’arte del possibile».

Sono stati scritti diversi studi in lingua inglese sulla Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (TNM), e qualche lavoro è stato compilato anche in italiano. La Traduzione del Nuovo Mondo fu originariamente pubblicata in dieci volumi in un periodo di dieci anni (1950-1960). Successivamente fu soggetta a revisioni ed ora la sua distribuzione ha superato le cento milioni di copie. Questa Traduzione ha generato numerose polemiche, in quanto si discosta in molti punti dalle letture bibliche tradizionali.

Giovanni 1:1 è l’esempio principale. In contrasto con la resa della KJV o della CEI che rendono con «la Parola era Dio», la TNM sceglie di rendere con «la Parola era un dio». Solo questo ha provocato innumerevoli dibattiti sulla sua accuratezza e fedeltà al testo biblico, e ciò dimostra come un altro studio su questa Bibbia sia tutt’altro che superfluo. Questo libro mostra familiarità con fonti rilevanti. Gli autori conoscono la differenza fra la linguistica, la teologia, la filologia e il ruolo che ciascuna d’esse possiede nella traduzione delle Scritture, e hanno le competenze necessarie per una seria discussione sulla TNM. L’analisi condotta dimostra conoscenza dei problemi traduttivi e testuali che coinvolgono la TNM. Il focus di questo lavoro è l’analisi del testo piuttosto che delle dottrine: è stato quindi mantenuto un approccio scientifico e credo vi siano tutti gli estremi per considerarlo una ricerca originale. Gli autori trattano questioni familiari analizzando, tra l’altro, il significato di stauròs, la resa di Giovanni 14:14 e la presenza del Tetragramma.

Il lettore apprezzerà nondimeno la metodologia recente applicata a questi temi. Il tono accademico e lo stile di scrittura non apologetico si mostrano anch’essi gradevoli. Consiglio vivamente lo studio di questo lavoro.

 Edgar Foster , Ph.D. Theology and Religious Studies

Lenoir-Rhyne University

 INDICE DEL LIBRO