De Libertate Christiana

Nell’ottobre del 1520, a seguito della bolla Exurge Domine di Leone X, Lutero fece stampare il breve trattato sulla libertà del cristiano a Wittemberg presso l’editore Gruenenberg. Il De Libertate Christiana viene considerato come l’esposizione più efficace di ciò che per Lutero è l’essenziale della fede. A parere di tutti gli studiosi, è il testo più adatto per iniziare la conoscenza del pensiero luterano.

Lutero descrive il concetto di libertà cristiana intendendola come liberazione spirituale dalla condanna del male, come libertà interiore creata dalla grazia. A questa libertà cristiana dell’uomo interiore, Lutero contrappone la servitù dell’uomo esteriore: il credente si sottopone umilmente a tutto e a tutti non per obbedire alla legge delle opere imposte come doverose, ma nella gioia della libertà, traducendo la riconoscenza verso Dio in dedizione verso il prossimo.

Nella concezione luterana, l’autonomia che deriva dalla libertà del cristiano trova il suo limite nell’amore del prossimo, nella volontà di servire gli altri per amore di Dio. L’amore, scrive Lutero, “è per sua natura pronto al servizio e sollecito verso ciò che ama: così anche Cristo, benché Signore di tutti, nacque, però da una donna, e fu sottoposto alla legge, libero e insieme servo, nello stesso tempo Dio e servo”.

Il concetto di una libertà in Cristo e non da Cristo si trova in accordo con le parole di San Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi: “pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti.”

Il pensiero di Lutero si sviluppa essenzialmente attorno a due sue affermazioni che vengono presentate nelle primissime righe del trattato:

il cristiano è completamente libero, signore di tutte le cose, non sottoposto a nessuno;

il cristiano è il più sollecito servo di tutti, sottoposto a tutti.

Nonostante l’apparente antitesi, Lutero riesce a sviluppare brillantemente questi due punti senza cadere in contraddizione.

La Libertà del Cristiano

Per spiegare e convincere i suoi lettori di quanto afferma, Lutero deve chiarire la dottrina della giustificazione per fede in quanto è in virtù di tale giustificazione che il cristiano può dirsi veramente libero. Infatti è grazie alla fede in Cristo, il quale ha subìto la passione ed è poi stato risuscitato, che il cristiano viene liberato da tutti i suoi peccati e giustificato. Che le cose stiano realmente così, Lutero ne è convinto sulla base di molti versetti del vangelo, ad esempio egli cita Marco dove si legge: “Colui che crederà e sarà battezzato, sarà salvo. Chi non crederà sarà condannato”.(Mr 16:16) Oppure la lettera ai Romani dove si legge: “Con la fede del cuore si raggiunge la giustizia”. (Rm 10:10)

Così è chiaro che al cristiano la sua fede è da sola sufficiente e non gli occorrono le opere per essere giustificato; ma se non ha bisogno di opere, allora non ha bisogno di leggi e quindi, afferma Lutero, il cristiano è libero dalla legge in virtù della sua fede giustificante. In sostanza, “l’anima fedele diventa libera da tutti i peccati grazie alla sua fede in Cristo”. Chiarito che il cristiano non ha bisogno di nessuna opera per essere salvato e che è reso pienamente libero dalla giustificazione per fede, Lutero passa a sviluppare il secondo punto.

La Servitù del Cristiano

Per spiegare questo punto, Lutero ritiene necessario chiarire che le opere non sono contro la volontà di Dio e che sono senza dubbio cosa buona e necessaria per il cristiano, ma “occorre soddisfare prima i precetti, le opere seguiranno poi”.

Egli richiama alla mente del lettore l’illustrazione di Gesù relativa all’ “albero buono” e ai “frutti eccellenti”. Paragonando le opere del cristiano ai “frutti dell’albero” è chiaro che queste potranno essere buone ed accettevoli solo se il cristiano si trova già in stato di giustificazione. L’albero deve già essere buono prima di produrre i frutti, affinché questi si rivelino poi eccellenti.

In questo contesto si inquadra alla perfezione anche un secondo esempio che Lutero evidenzia: quello di Adamo ed Eva.

Se essi non avessero peccato e fossero rimasti in stato di giustificazione, le buone opere che avrebbero compiuto sarebbero state conseguenza di tale stato e avrebbero rallegrato Dio. Le opere vengono quindi viste come conseguenza necessaria alla giustificazione.

“L’uomo non vive e agisce in questo suo corpo mortale solo per giovare a se stesso, ma anche per aiutare tutti gli altri, anzi, vive solo per loro e non per sé”. Ma se l’uomo deve compiere le opere come conseguenza della salvezza e per amore verso Dio e verso il prossimo, allora l’amore ci “costringe” a operare.

Paolo, scrivendo alla congregazione di Filippi, dice: “…ciascuno consideri gli altri superiori a sé, non miri al suo interesse, ma a quello degli altri”. Ecco quindi il concetto di “servitù” del cristiano. “Perciò mi darò come un Cristo al mio prossimo”, scrive Lutero, “al modo in cui Egli si è offerto a me, senza fare in questa vita altro che quanto vedrò necessario, utile e salutare al mio prossimo”. E ancora continua affermando che “a imitazione del Padre celeste che ci ha aiutato gratuitamente in Cristo, anche noi dobbiamo gratuitamente aiutare il prossimo con la nostra attività e le nostre opere, e diventare ciascuno un Cristo per l’altro”.

Il cristiano è libero dal peccato e servo dell’amore. Questa è la sostanza del pensiero di Lutero, nel suo De Libertate Christiana.

fonte: InStoria